di Millo Bozzolan
Il 12 maggio viene assassinata la repubblica aristocratica, ma lo stato continua, grazie al sacrificio dei governanti di allora.
Poi sappiamo come è andata, con gli infami trattati di Leoben e la Restaurazione che affossò le uniche due Repubbliche (quella di Venezia e quella di Genova) a favore delle monarchie europee.
Nello stato veneto in particolare, al momento del crollo, anche l’esercito entrò in crisi, poiché gli ufficiali e la truppa consideravano il governo della municipalità del tutto illegittimo e servo di una nazione, la Francia, che aveva diffuso il morbo rivoluzionario e anticristiano in tutto il mondo di allora.
Molti disertarono e per cercare di fermare l’emorragia, “il comitato Militare fece pubblicare dalla Municipalità Provvisoria di Venezia un proclama nel quale si diceva:
“Impressionata e gravemente amareggiata delle notizie che pervengono da ogni parte delle numerose diserzioni, si da assicurazione ai soldati in nome della Nazione che saranno con la maggiore esattezza religiosamente mantenuti li patti tutti del loro ingajo.Che non saranno imbarcati per passare oltremare, come viene maliziosamente sparso dai male intenzionati. Che non saranno obbligati che al solo servizio terrestre fino al momento in cui restituir si potranno alle case loro, essendo già stati animati con l’aumento di cinque soldi al giorno alla continuazione di quel servizio che hanno promesso alla Patria. Che sarà accordato il perdono a tutti quelli che si restituiranno alle loro Insegne.” (1)
Tra questi numerosi disertori vi erano dei Corsi che defezionarono anche per mantenersi ligi al giuramento prestato alla Repubblica di Venezia e la fedeltà loro, e la loro fierezza rifulse di splendore vivissimo nell’atto compiuto dagli Ufficiali che si trovavano in Dalmazia tra i quali Don Grazio Paganelli Cicavo Sergente Maggiore, Giovanni Battaglini di Tavagna Capitano Tenente, Aurelio D’Antoni Tenente, Luigi Cucola, nipote del Cicavo e Alfiere ecc. i quali si rifiutarono di prestare giuramento al nuovo regime volendo rimanere fedeli a San Marco e preferendo venire banditi anziché rendersi spergiuri col riconoscere il governo istallato dal generale Bonaparte. (2)